Il nudo proprietario non applica la cedolare secca

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Non è infrequente, nella pratica, che un soggetto, al momento di acquistare un immobile, intesti la nuda proprietà ai figli, riservandosi solo l’usufrutto del bene.
L’operazione consente di evitare un trasferimento in sede successoria, in quanto, posto che a norma degli artt. 979 e 1014 c.c. l’usufrutto si estingue al momento della morte, al decesso dell’usufruttuario la nuda proprietà dei figli si ri-espande e diventa piena proprietà, senza realizzare un trasferimento a titolo successorio.
A questa situazione fa riferimento il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate nella risposta a interpello n. 216, pubblicata ieri.

Nel caso di specie, infatti, un soggetto è titolare del diritto di usufrutto sull’abitazione in cui abita, mentre i figli sono titolari, al 50% ciascuno, della nuda proprietà del medesimo immobile. L’usufruttuaria, però, ha lasciato libera una porzione dell’immobileche i figli, nudi proprietari, vorrebbero locare a terzi (con il consenso della madre usufruttuaria).
In questo contesto, i nudi proprietari si rivolgono all’Amministrazione finanziaria per avere conferma della possibilità di applicare la cedolare secca sul contratto di locazione da stipulare.

L’Agenzia delle Entrate, però, esclude che il nudo proprietario possa applicare la cedolare secca.
Il documento ricorda, in proposito, che la cedolare secca (art. 3 del DLgs. 23/2011) è il regime opzionale di imposizione sostitutiva sul reddito fondiario derivante dalla locazione di immobili abitativi, che sostituisce l’IRPEF, le addizionali regionale e comunale all’IRPEF, nonché le imposte di registro e di bollo relative al contratto di locazione (cfr. la circ. 1° giugno 2011 n. 26, § 5).
La norma consente alle persone fisiche titolari del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento su unità immobiliari abitative locate, che non agiscano nell’esercizio di imprese, arti o professioni, di optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva, invece del regime ordinario di tassazione del reddito da locazione.

In particolare – evidenzia l’Agenzia – la cedolare secca configura un regime di tassazione alternativo rispetto a quello ordinario di tassazione del reddito fondiario derivante dalla locazione di immobili a uso abitativo, grazie al quale, per il periodo di durata dell’opzione, “non si applicano le aliquote progressive per scaglioni di reddito e le relative addizionali ma un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle addizionali sul reddito fondiario prodotto dall’immobile locato (ovvero il canone annuo di locazione), nonché delle imposte di registro e di bollo”.

Proprio la natura di “regime alternativo” a quello ordinario spinge, quindi, l’Agenzia a indagare le regole ordinarie di imputazione dei redditi fondiari da locazione.
L’Amministrazione guarda, allora, all’art. 26 del TUIR, che prevede la tassazione dei redditi fondiari “indipendentemente dalla percezione” in capo “ai soggetti che possiedono gli immobili a titolo di proprietà, enfiteusi, usufrutto o altro diritto reale”. Questa norma, secondo l’Agenzia (che a tal proposito cita quanto affermato nella C.M. n. 150/1999) non fissa il presupposto dell’imposta nel mero “possesso del reddito”, inteso come disponibilità reale dello stesso, bensì implica il possesso qualificato del cespite patrimoniale, che, da solo, è ritenuto sufficiente a determinare capacità contributiva.

Pertanto, il reddito è imputato ai titolari di diritti reali sull’immobile, in proporzione ai diritti vantati.
In particolare, l’usufrutto è citato dall’art. 26 comma 1 del TUIR come diritto che legittima l’imposizione, di modo che – prosegue l’Amministrazione finanziaria – la costituzione del diritto di usufrutto comporta lo spostamento della soggettività passiva d’imposta dal proprietario all’usufruttuario, titolare del diritto di godere della cosa e dei frutti da questa prodotti.
Quindi, secondo l’Agenzia, posto che nuda proprietà e usufrutto sono complementari, l’imputazione dei redditi da locazione in capo all’usufruttuario la esclude dalla nuda proprietà.
Per questo motivo, dato che la cedolare secca configura un’alternativa facoltativa alla tassazione dei redditi fondiari, essa non può che limitarsi all’usufruttuario e risulta preclusa al nudo proprietario.

Le conclusioni, però, non convincono del tutto.
Nella premessa, l’Agenzia delle Entrate afferma che non le compete valutare se il nudo proprietario possa stipulare un contratto di locazione sull’immobile di cui ha la mera disponibilità di fatto. Tuttavia, è difficile affrontare la questione fiscale senza considerare che, dal punto di vista civilistico, la Cassazione (Cass. 27 dicembre 2016 n. 27021) ammette la possibilità per il nudo proprietario di locare l’immobile, ove ne abbia la materiale disponibilità e, da ultimo, nella sentenza 25 giugno 2021 n. 18330 si è spinta ad affermare il principio seguente: “il titolare del diritto reale di nuda proprietà su di un fabbricato, che abbia la disponibilità di fatto del bene, può concedere l’immobile in locazione, ed i canoni in conseguenza pattuiti concorrono alla quantificazione della sua base imponibile, secondo la previsione generale di cui all’art. 23, e poi 26, del DPR n. 917 del 1986”.
In breve, la Cassazione sembrerebbe non condividere la tesi dell’Agenzia.

Fonte: Anita Mauro EUTEKNE.INFO

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