Scatta l’alert per l’acconto Imu

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Si avvicina la scadenza per il pagamento dell’acconto Imu. Mancano poco più di 15 giorni per il versamento della prima rata dell’imposta locale. Il termine ultimo per il versamento della prima rata, infatti, è fissato al 16 giugno. Sono tenuti a passare alla cassa tutti i contribuenti titolari di fabbricati, aree edificabili e terreni. Sono invece esonerati dal prelievo gli immobili adibiti ad abitazione principale, tranne quelli di lusso, ville e castelli. Fruiscono di una riduzione gli immobili inagibili, le unità immobiliari date in uso gratuito a parenti in linea retta, entro il primo grado, i fabbricati di interesse storico o artistico e quelli locati a canone concordato. La prima rata può essere calcolata applicando le aliquote e le detrazioni deliberate dai comuni per l’anno precedente. L’importo da versare è pari alla metà di quanto pagato nel 2021. I contribuenti, però, possono versare l’intero importo dovuto per il 2022, qualora conoscano le deliberazioni adottate dalle amministrazioni comunali, che hanno tempo per scegliere aliquote e detrazioni fino al 31 maggio.
Acconto e soggetti obbligati. Entro il 16 giugno, dunque, i possessori di fabbricati, aree edificabili e terreni sono tenuti a versare la metà dell’imposta municipale dovuta per l’intero anno. I soggetti obbligati al pagamento devono mettere mano al portafoglio e sborsare il 50% del tributo dovuto nel 2021. Il resto dovrà essere pagato entro il prossimo 16 dicembre, a conguaglio di quanto dovuto per l’intero anno, facendo riferimento ad aliquote e detrazioni deliberate per il 2022.
Non devono versare l’imposta, invece, i possessori di immobili destinati a prima casa ed equiparati, con relative pertinenze, per i quali è prevista l’esenzione. Per abitazione principale si intende l’immobile, iscritto o iscrivibile nel catasto edilizio urbano come unica unità immobiliare, nel quale il possessore dimora abitualmente e risiede anagraficamente. Per pertinenze dell’abitazione principale si intendono esclusivamente quelle classificate nelle categorie catastali C/2, C/6 e C/7, nella misura massima di un’unità pertinenziale per ciascuna delle suddette categorie catastali, anche se iscritte in catasto unitamente all’immobile adibito ad abitazione. Non fruiscono dell’esenzione i fabbricati iscritti nelle categorie catastali A1, A8 e A9, vale a dire immobili di lusso, ville e castelli, per i quali il trattamento agevolato è limitato all’aliquota e alla detrazione. Per gli immobili concessi in locazione finanziaria, la nuova Imu la paga il locatario solo per la durata del contratto. Non è tenuto a versare l’imposta il locatario, anche se non riconsegna il bene immobile al locatore in caso di risoluzione anticipata. L’articolo 1, comma 743, della legge di bilancio 2020 (l. 160/2019) dispone che per la locazione finanziaria quello che conta è il contratto e il tributo è dovuto dal locatore a prescindere dal possesso di fatto dell’immobile. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, dunque, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto.
La scelta delle aliquote. Le amministrazioni comunali hanno un ampio potere nella scelta delle aliquote. Per esempio, per le unità immobiliari di lusso è prevista l’applicazione di una aliquota ridotta del 5 per mille, che possono aumentare o diminuire di 1 punto percentuale, e una detrazione di 200 euro. L’aliquota in questione può essere ridotta senza limiti e perfino azzerata. Si ottiene lo stesso effetto dell’esenzione, vale a dire l’azzeramento dell’imposta. Tuttavia, il comune non può concedere esenzioni Imu, in quanto questa scelta si pone in contrasto con i limiti all’esercizio del potere regolamentare fissati dall’articolo 52 del decreto legislativo 446/1997. Nello specifico, verrebbero violate le fattispecie imponibili, che è uno dei limiti all’esercizio del potere regolamentare. L’aliquota di base per tutti gli altri immobili, a partire dalle seconde case, è stabilita nella misura dell’8,6 per mille, che gli enti locali possono aumentare fino al 10,6 per mille. L’aliquota può essere ulteriormente aumentata fino all’11,4 per mille, ma solo dagli enti locali che intendono confermare la ex maggiorazione Tasi, già deliberata dai consigli comunali negli anni precedenti nella misura massima dello 0,8 per mille.
Le varie forme di agevolazioni. Oltre alle aliquote ridotte, scelte dall’ente, i benefici fiscali spaziano dall’esenzione alle riduzioni d’imposta. Sono esenti dal tributo i terreni agricoli. Non sono tenuti al pagamento dell’imposta, oltre ai titolari di terreni montani o di collina ubicati nei comuni elencati nella circolare del ministero dell’economia e delle finanze 9/1993, quelli posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali, a prescindere dalla loro ubicazione, quelli ubicati nelle isole minori, nonché quelli a immutabile destinazione agro-silvo-pastorale a proprietà collettiva indivisibile. I terreni agricoli che non rientrano nei confini dell’esenzione sono ovviamente soggetti al pagamento. Una forma minore di agevolazione è prevista le abitazioni locate a canone concordato. Lo sconto è riconosciuto nella misura del 25%. L’imposta è ridotta al 75% del dovuto. Sono poi tenuti al pagamento in misura ridotta anche i fabbricati inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, le unità immobiliari concesse in comodato a parenti in linea retta, entro il primo grado, e, infine, i fabbricati di interesse storico o artistico. Per questi immobili, gli interessati hanno diritto a una riduzione della base imponibile nella misura del 50%. Inoltre, devono versare l’imposta in misura ridotta gli immobili concessi in uso gratuito, purché sussistano le condizioni richieste dalla norma di legge. In particolare, il comodante deve avere la residenza anagrafica e la dimora nel comune in cui è ubicato l’immobile concesso in comodato. Oltre all’immobile concesso in comodato, può essere titolare di un altro immobile nello stesso comune, che deve essere utilizzato come propria abitazione principale, purché non si tratti di un fabbricato di pregio (immobile di lusso, villa o castello). Questo limite vale anche per l’unità immobiliare data in comodato. Il comodante può possedere anche altri immobili, a condizione però che non siano classificati tra quelli destinati a uso abitativo. Il beneficio si estende anche, in caso di morte del comodatario, al coniuge di quest’ultimo in presenza di figli minori.
Fonte: italiaoggi

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