Variazione di classamento, termini ordinatori per l’Agenzia

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La verifica delle caratteristiche degli immobili da parte dell’Agenzia delle Entrate, con conseguente modifica delle risultanze censuarie mediante l’attribuzione di una diversa rendita catastale, può intervenire anche oltre il termine di dodici mesi previsto dall’articolo 1, comma 3, del Dm n. 701/1994, essendo la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’Ufficio soggetta ad un termine di natura ordinatoria e non perentoria. È quanto chiarito con la pronuncia n. 4/3 del 5 gennaio 2023 della Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche in accoglimento dell’appello presentato dall’Ufficio.
Con la medesima pronuncia, i magistrati tributari hanno inoltre affermato che non è necessario procedere ad un sopralluogo dell’immobile da parte dei funzionari dell’Amministrazione finanziaria quando il nuovo classamento consegue ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente.

Il caso di specie ed il ricorso in primo grado
L’Agenzia delle Entrate emetteva un provvedimento di variazione di classamento relativamente ad un fabbricato per il quale era stata presentata una dichiarazione di modifica degli spazi interni e dei vani, attribuendo allo stesso una rendita catastale superiore, nella specie portandola da A/3 (abitazioni di tipo economico) ad A/2 (abitazioni di tipo civile).

I proprietari dell’immobile impugnavano il provvedimento di variazione di classamento asserendo che l’immobile oggetto della controversia era un vecchio fabbricato, situato in zona non centrale e che non era mai stato oggetto di ristrutturazione, se non per i recenti lavori per i quali era stata presentata la relativa dichiarazione. Dal canto suo, l’amministrazione finanziaria ribadiva la correttezza del proprio operato, in quanto con i lavori di ristrutturazione eseguiti e con l’aumento dei vani presenti nell’abitazione, la stessa aveva assunto chiaramente le caratteristiche per essere ricompresa nella categoria catastale A/2 e non più in quella inferiore di A/3.

Investiti del ricorso, i giudici tributari di primo grado davano ragione ai proprietari dell’immobile, annullando il provvedimento del fisco sulla scorta della considerazione che dalla documentazione prodotta dai ricorrenti emergeva come il fabbricato in questione, a seguito dei pochi interventi effettuati non avesse affatto mutato la consistenza e la tipologia originaria. La variazione catastale operata dall’Ufficio era dunque, a giudizio della Corte di giustizia tributaria di primo grado, da considerarsi illegittima, anche in considerazione del fatto che la stessa si basava solo sull’esame della documentazione prodotta senza che fosse stato effettuato un sopralluogo dell’immobile oggetto di variazione.

La decisione dei giudici di secondo grado
Contro tale decisione di primo grado, l’Ufficio ricorreva in appello dinanzi la Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche, sostenendo come gli interventi eseguiti sull’immobile da parte dei proprietari fossero interventi di straordinaria manutenzione – circostanza tra l’altro confermata anche dagli stessi contribuenti in sede di presentazione dell’apposita dichiarazione tramite procedura Docfa (Documenti dei fabbricati)  tali da giustificare una variazione in aumento della classe e della rendita catastale.
I magistrati tributari di secondo grado hanno dato ragione all’amministrazione finanziaria, annullando la sentenza di primo grado.

I giudici hanno infatti chiarito come è da considerarsi pienamente legittima la verifica, da parte degli uffici finanziari, delle caratteristiche degli immobili oggetto delle dichiarazioni tramite procedura Docfa e la conseguente possibile modifica delle risultanze censuarie mediante l’attribuzione della rendita catastale definitiva.
In particolare, i giudici tributari hanno esaminato la disposizione di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto ministeriale n. 701/1994 ai sensi della quale la rendita proposta dal titolare di diritti reali sull’immobile in sede di presentazione della documentazione tramite procedura Docfa rimane tale “ fino  a  quando  l’ufficio  non  provvede  con  mezzi di accertamento informatici o tradizionali, anche a campione, e comunque entro dodici mesi dalla data di presentazione delle dichiarazioni di cui al comma 1, alla  determinazione  della  rendita  catastale  definitiva.”, statuendo, in merito, che il termine di dodici mesi per la determinazione della rendita catastale definitiva da parte dell’ufficio non ha natura perentoria ma semplicemente ordinatoria.

Al riguardo, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado delle Marche ha anche richiamato una recente decisione della Corte suprema di cassazione che, con l’ordinanza n. 6218/2020, ha affermato che un limite temporale alla rettifica o all’aggiornamento delle rendite catastali sarebbe “assolutamente incompatibile” con la disciplina legislativa di riferimento. E tale incompatibilità è ricavabile anche dal fatto che sia la normativa in questione non prevede alcuna specifica sanzione per il superamento del termine ordinatorio dei dodici mesi da parte dell’Ufficio per l’attribuzione della rendita definitiva.
Dunque, a giudizio dei magistrati tributari di secondo grado, è pienamente legittimo l’operato dell’Ufficio che, in base alle risultanze ricavabili dalla documentazione presentata dai contribuenti, ha rettificato il classamento proposto determinando una nuova rendita catastale definitiva ed attribuendo la categoria A/2 anziché l’originaria categoria A/3, in quanto altro non ha fatto se non attribuire all’immobile la categoria adeguata e plausibile rispetto alle caratteristiche costruttive e di rifinitura dell’immobile così come emergenti dalla documentazione presentata dai proprietari dell’immobile stesso.

Al riguardo, i giudici hanno inoltre chiarito che non è dirimente ai fini della rettifica di classamento il fatto che l’Ufficio si sarebbe limitato ad effettuare un esame delle planimetrie senza effettuare un sopralluogo sul posto. Sulla non necessità di sopralluogo si è infatti espressa con varie pronunce la Suprema corte, tra cui la n 21923/2012, ove è stato recisamente affermato che “l’esigenza di visita-sopralluogo va senz’altro esclusa quando il nuovo classamento consegua ad una denuncia di variazione catastale presentata dal contribuente“.

In sintesi, l’eventuale assenza di sopralluogo non compromette assolutamente la legittimità della rettifica di classamento operata dall’Ufficio dell’amministrazione finanziaria.
Infine, i giudici delle Marche hanno chiarito come non abbia influenza sulla determinazione della corretta categoria catastale da assegnare all’immobile la vicinanza o meno dello stesso al centro cittadino, come pur sostenuto dai proprietari, essendo tale circostanza una caratteristica riguardante l’ambiente esterno e non le peculiarità intrinseche dell’unità immobiliare in questione.

Fonte: Fiscooggi.it

 

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