Nuove regole al debutto per le residenze disgiunte dei coniugi, in vista della scadenza del 16 giugno per il primo acconto Imu. Per effetto delle modifiche apportate dal Dl 146/2021 all’articolo 1, comma 741, legge 160/2019, il caso delle residenze disgiunte in comuni diversi è stato equiparato a quello relativo agli immobili ubicati nello stesso comune. Ciò, a decorrere dall’anno in corso, in attesa di verificare gli effetti della decisione della Corte costituzionale sulla normativa previgente.
A partire dall’acconto Imu di quest’anno, dunque, in presenza di coniugi con residenze separate, solo uno dei due immobili potrà beneficiare dell’esenzione per abitazione principale, a scelta dei contribuenti. Non rileva il fatto che le case siano ubicate in comuni diversi o nello stesso comune. Va evidenziato che, ai fini dell’esonero, occorre comunque la coesistenza di residenza anagrafica e dimora abituale. Ne deriva che in presenza di «residenze fittizie» (ad esempio, seconda casa al mare), queste, a rigore, non potranno in ogni caso fruire delle agevolazioni di legge. Viceversa, se sono rispettati tutti i requisiti, i coniugi ben potranno individuare l’unità esente in quella con la rendita catastale più alta. A giugno 2023, inoltre, bisognerà ricordarsi di presentare la dichiarazione Imu per comunicare i dati dell’immobile agevolato.
Fino al 2021, invece, per effetto di una interpretazione non condivisibile della Cassazione (tra le molte, si veda l’ordinanza 1199/2022), ogniqualvolta vi era una residenza disgiunta dei coniugi, mancando la dimora unitaria dell’intero nucleo familiare, l’esonero non poteva essere applicato a nessuna delle unità abitative. L’unica eccezione riguardava il caso in cui fosse dimostrabile la frattura del vincolo coniugale (ad esempio, separazione legale).
Proprio con riferimento a questa interpretazione della Cassazione, la Consulta, con ordinanza n. 94/2022, ha sollevato davanti a sé questione di legittimità, per supposta violazione degli articoli 3, 31 e 53 della Costituzione (si veda il Sole 24 Ore del 25 marzo 2022). Questo lascia presupporre una prossima sentenza che potrebbe aprire la strada ai rimborsi dei contribuenti, con riferimento a tutti i rapporti pendenti alla data di pubblicazione della sentenza.
Un altro tema critico relativo all’Imu familiare riguarda l’ipotesi delle separazioni o i divorzi, con assegnazione della casa familiare ad uno dei due coniugi. In tale eventualità, qualora l’assegnazione si accompagni all’affidamento di figli minori o non autosufficienti (disabili), l’immobile si considera in diritto di abitazione del coniuge assegnatario, per tutta la durata prevista nel provvedimento del giudice. Di conseguenza, la casa sarà considerata totalmente esente, anche se di proprietà di soggetti diversi dall’assegnatario o, ad esempio, già detenuta in comodato dal nucleo familiare. A tale scopo, si farà riferimento all’unità indicata nel provvedimento del giudice, senza che residui alcuno spazio ai poteri di controllo dei comuni (risposta Mef a Telefisco 2020).
Nell’ipotesi in cui, invece, vi sia l’assegnazione della casa senza affidamento dei figli, a prescindere dalla correttezza della decisione, troveranno applicazione le regole ordinarie. Questo significa che la casa assegnata sarà esente solo per la quota di proprietà dell’assegnatario, ove questi vi risieda anagraficamente e vi dimori abitualmente. Si faccia il caso dell’unità in comproprietà al 50% di ciascuno dei coniugi. Dopo l’assegnazione della stessa, senza affidamento dei figli, si avrà che la quota del coniuge non assegnatario sarà regolarmente assoggettata a Imu.
Fonte sole24h